martedì 23 agosto 2016

Rievocazione di un'intervista

Buonasera, cari lettori!
Il rientro a lavoro mi sta stremando psicologicamente, ma si resiste..
Annunciandovi in anteprima la mia seconda intervista a un pluripremiato autore di fantascienza per il trimestrale locale, che uscirà a fine settembre, pubblico qui di seguito la prima intervista che gli feci.
Correva l'anno 2014....

 L'Emilia attraverso la lente della fantascienza.
Quando, circa un anno fa, mi hanno parlato di un giovane scrittore bagnolese di fantascienza, le mie antenne si sono drizzate. La fantascienza, soprattutto in campo letterario, è un genere di nicchia. Non tutti lo apprezzano e sono davvero in pochi a saperlo trattare con stile. Così quando, recentemente, ho chiesto in giro di questo scrittore e mi sono sentita rispondere "Ma perché, a Bagnolo abbiamo uno scrittore di fantascienza?!??", ho capito che era proprio il caso di farlo conoscere ai più attraverso tutti i canali che ho a disposizione. In meno di un mese ho divorato due libri di racconti, "Nebbia d'Agosto" e "Cronache dal domani", e il suo primo romanzo, "Il Re Nero", poi ho chiesto un appuntamento all'autore per un'intervista. Ed eccoci qua: un aperitivo e due chiacchiere con Maico Morellini, vincitore del Premio Urania 2010.
Parlami un po' di te, del tuo percorso scolastico e lavorativo.
Io sono nato e cresciuto a Bagnolo, ho frequentato le superiori a Reggio, l'istituto BUS, che è l'equivalente di un liceo scientifico. Dopo la maturità ho frequentato tre università diverse: a Parma tre anni di Geologia e un anno come tecnico di laboratorio biomedico; poi ho deciso di fare il servizio civile per un anno e mentre lavoravo mi sono iscritto a Scienze delle Comunicazioni prima a Bologna e poi a Reggio. A un certo punto mi sono accorto che lavorare e studiare contemporaneamente era un peso eccessivo, quindi ho scelto di lasciare gli studi senza conseguire alcuna laurea e ho iniziato il mio percorso lavorativo, ma intanto le varie università hanno completato la mia formazione scientifica. Nel 2001 ho cominciato a lavorare nel settore dell'informatica, anche se non c'entra niente con quello che ho studiato, ma da smanettone qual ero è la cosa che mi riusciva meglio, e tutt'ora sono consulente informatico. Dal 2003 al 2010 sono stato presidente di Yavin 4, fanclub nazionale di Guerre Stellari e fantascienza, che ho fondato personalmente e con cui continuo a collaborare. Yavin 4 è nato con l'idea molto chiara di privilegiare l'aspetto letterario della fantascienza, e infatti per 8 edizioni ho curato un concorso letterario a tema, oltre a valorizzare in Italia non solo i film ma tutto il settore del fantasy e della fantascienza, che sono le mie grandi passioni da sempre.
Quali sono state le letture giovanili che ti hanno aperto le porte a questo genere?
Il primo libro che ho letto era un fantasy di uno scrittore americano, molto ispirato a "Il Signore degli Anelli", che si chiama Stephen R. Donaldson, autore della saga delle Cronache di Thomas Covenant l'incredulo. Intorno ai 13 anni ho scoperto Isaac Asimov e ho letto buona parte delle sue opere. I suoi libri mi hanno sicuramente segnato, lui è una pietra miliare della letteratura fantascientifica e se potessi scegliere vorrei scrivere come lui, ma è chiaro che è solo un riferimento, non posso competere. Tra i 12 e i 18 anni ho letto tutti i fantasy che mi capitavano sotto mano, compresi "Il Signore degli Anelli" e "Lo Hobbit", poi verso la fine delle superiori ho iniziato a leggere anche altre cose, tipo Stephen King, e parallelamente mi sono avvicinato al mondo dei fumetti, da Dylan Dog, a Nathan Never, a X-Men, a un po' tutto il mondo della Marvel. Anche riguardo al mondo cinematografico sono molto legato alla fantascienza. Mi piace ricordare che sono nato nel 1977, lo stesso anno di Guerre Stellari; ho visto al cinema Il Ritorno dello Jedi quando avevo 6 anni e da allora la fantascienza è entrata a far parte della mia vita. Andando avanti negli anni ho cercato di variare un po' le mie letture, aldilà di quelle che ci fanno ingoiare a scuola, apprezzando anche alcuni grandi classici come il Don Chisciotte e il Conte di Montecristo, per ampliare i miei orizzonti in previsione della volontà di iniziare a scrivere.
A che età hai scoperto questa inclinazione alla scrittura?
Ho iniziato a "scribacchiare" con un po' di buonsenso alle medie, ho mollato per qualche anno, e verso il quarto anno di liceo ho ripreso con un po' più di consapevolezza. Le prime cose che ho scritto erano molto imitative, molto ispirate ai maestri dell'horror o ai fumetti, erano una brutta copia in versione splatter di cose che avevo letto. Uno dei racconti che è poi entrato nella raccolta "Cronache dal domani", ed esattamente "Nemici", era nato come un tema alle superiori che avevo proposto a una mia professoressa che mi aveva molto motivato. I riscontri positivi suscitati da quel racconto mi hanno spinto a partecipare ad alcuni concorsi letterari, e dopo aver messo insieme tre racconti, nel 1999 ho spedito il tutto a una casa editrice, L'Autore Libri Firenze, che li ha pubblicati. Il contratto con l'editore mi vincolava all'acquisto di 3 o 400 copie del libro a prezzo di copertina, che era 19.000£, il che significava un patrimonio all'epoca. I miei genitori mi hanno assecondato, ma è un errore da cui vorrei mettere in guardia chiunque voglia farsi pubblicare. Di tutte quelle copie molte le ho regalate, qualcuna sono riuscita a piazzarla a qualche libreria e sono rientrato di una parte delle spese, ma sconsiglio vivamente di fare accordi con editori a pagamento. Io poi ci sono ricascato con la seconda raccolta, "Nebbie d'Agosto", nel 2000, dopo aver mandato i racconti a un concorso della Ibiskos. Non avevo vinto il concorso ma avevo ricevuto una segnalazione. La casa editrice ha inserito il libro nel catalogo, con una presentazione alla Fiera del Libro di Torino, ma ho dovuto comprare un tot di copie alla metà del prezzo. Mi è sembrata una montatura, indice di poca serietà. Tuttavia all'epoca trovai una recensione molto entusiasta della raccolta su una rivista pugliese, FutureShock, che mi ha dato una certa soddisfazione nonostante tutto. Nel frattempo ho continuato a partecipare a concorsi, con l'idea di farmi le ossa su poco spazio, quindi concentrare un'idea a effetto con un finale che doveva essere un po' un colpo di scena. In quel periodo ho ricevuto tre segnalazioni dal premio Lovecraft, che allora era il concorso a tema horror più titolato.
Leggendo i tuoi racconti e il romanzo, ho avuto dei flash di alcuni film o serie Tv, come X-Files, Io sono leggenda, Minority Report, Ultimatum alla Terra...
Credo che quando scrivo, avendo visto tanti e tanti film, è inevitabile e involontario che cerco di rappresentare sulla carta le vicende come le vedrei in una sequenza di scene da cinema.
Qual è stata la molla che ti ha spinto a fare il grande salto dai racconti al romanzo?
Sono passato al romanzo perché i racconti mi stavano stretti, sentivo di avere bisogno di più spazio per la trama. In realtà il mio primo romanzo è chiuso nel cassetto e non vedrà mai la luce. Era troppo barocco, molto ambizioso, direi eccessivo. Ambientazione americana, perché fa figo, perché parlare di sceriffo piuttosto che di appuntato fa più cinema, insomma una storia robusta. L'ho riletto e ho capito che qualcosa non andava: ero troppo concentrato su di me e poco attento al lettore. Avevo talmente tante idee ed ero così innamorato della storia che ho perso di vista l'obiettivo. Poi mentre lo stavo scrivendo, nel 2004, ho partecipato a un corso di scrittura creativa a Pesaro che mi ha aiutato molto. Mi ha riportato alla mia dimensione, mi sono reso conto che se non sei Hemingway non puoi farcire un libro di paroloni: sii diretto, sii semplice, lascia stare l'America e scrivi di quello che sai. Appena rientrato dal corso ho scritto un racconto breve che parlava di droga, "Come neve", poi pubblicato sulla rivista Writers Magazine, la mia prima pubblicazione senza dover pagare. Ho continuato a scrivere racconti, poi nel 2006 ho iniziato "Il Re Nero". Mi sento molto calcolatore nelle trame, e per sviluppare una trama come l'avevo in mente avevo bisogno di molto più spazio rispetto alle dieci cartelle di un racconto.
Che insegnamento hai tratto dalle critiche ai racconti che ti è poi stato utile nella stesura del romanzo?
Di sicuro mi sono reso conto, proprio grazie alle opinioni di chi leggeva i miei racconti, che le trame da me inventate hanno bisogno di un respiro più ampio. Ho sempre avuto molte idee e a volte cercare di condensarle in un racconto finiva con il menomare la complessità dietro l'idea di base del racconto stesso.
Come nasce la trama di un romanzo di fantascienza?
Ma in realtà, non è che mi son detto "Voglio scrivere un romanzo di fantascienza, adesso inizio a pensare a una trama". Avevo già in mente un'ambientazione, il protagonista e l'antagonista, e l'idea di un giallo investigativo: dovevo solo elaborare il tutto e svilupparlo.
Chi o cosa ti ha aiutato a concepire la tecnologia avanzata che hai descritto ne Il Re Nero?
Da un lato c'è la formazione scientifica maturata sia durante le scuole superiori che durante i miei vari studi universitari e dall'altro c'è la grande curiosità e passione per tutto quello che riguarda la fantascienza e la tecnologia. Le due cose, unite, fanno sì che mi sia piuttosto facile trattare di tecnologie dando loro una certa credibilità. Tra l'altro, è una delle cose più divertenti che capitano quando si scrive di fantascienza.
Come è nata l'idea di Polis Aemilia?
Non so dirtelo precisamente. Credo che l'idea fosse figlia di quel periodo. L'idea, quando le cose vanno male, di volersi chiudere al resto del mondo e formare una sottonazione non è così originale. L'ambientazione italiana era una priorità fin dall'inizio, per rendere tutto più credibile anche. Venendo anche da tantissimi anni di lettura di Nathan Never, di film cyberpunk eccetera, l'idea di una città così grande e articolata mi è venuta spontanea.
Quando in Italia si è cominciato a parlare di accorpamento delle province ti sei sentito un visionario come George Orwell?
Avrei gradito un pubblico riconoscimento (ride, n.d.r.). Non avevo pensato al parallelismo con Orwell, ma in effetti quando ho iniziato Il Re Nero era appena scoppiato uno scandalo politico per crimini sessuali, c'era questo federalismo spinto, e io anticipavo. Quando hanno parlato di accorpamento delle province, mi sono detto "Beh allora evidentemente, non sarò un visionario, ma ho raccolto inconsciamente qualcosa che c'era nell'aria". Anche l'idea di risolvere i problemi del presente ripescando dal passato, già successo nella Germania di Hitler, è assolutamente provocatorio: è normale che succeda ma si vede nel libro come va a finire. Voglio aggiungere che avere la struttura di Polis Aemilia così chiara in mente e anche così estrema mi ha aiutato durante la scrittura.
In uno dei tuoi racconti parli di invasione aliena: qual è la tua opinione personale sulla vita extraterrestre?
Sono possibilista, molto. Che esista la vita nello spazio si sa, ci sono le prove, che gli alieni vengano proprio qua è poco probabile. Piuttosto mi preoccuperei di quello che succede sulla Terra, perché forse non tutti sanno che a febbraio dell'anno scorso hanno finito di perforare uno strato di ghiaccio che copre il lago Vostok in Antartide. In questo bacino enorme hanno trovato strane forme di vita, oltre a scoprire anomalie magnetiche, strutture troppo perfette per essere solo roccia, metalli che emettono radiazioni. Insomma ci sono sorprese anche qui sul nostro pianeta su cui riflettere, senza bisogno di andare troppo in là.
L'isolamento volontario dalla civiltà è un tema che ricorre tra i racconti e il romanzo. È autobiografico o semplicemente utile alla trama?
Per quanto vivere a Bagnolo in Piano possa assomigliare a un isolamento volontario dalla civiltà, no, non c''è niente di autobiografico. Ovviamente scherzo, adoro il paese in cui sono nato e cresciuto. L'isolamento è uno dei percorsi più interessanti per catalizzare la crescita di un personaggio. Ed è grazie all'isolamento se si possono portare all'estremo comportamenti, ideologie e obiettivi di un personaggio perciò è un utile artificio narrativo. Poi scrivere e leggere, in qualche modo, significa anche isolarsi dalla civiltà per tutta la durata del romanzo perciò è anche un modo per entrare in sintonia con chi legge e scrive.
Che tipo di ostacoli hai dovuto affrontare nel corso del processo creativo e come li hai superati?
In Italia il genere letterario fantascientifico è un po' bistrattato. Piccolo aneddoto: appena finito Il Re Nero, dopo aver speso energie e investito speranze, ho chiesto a un mio amico che lavora in Longanesi di sottoporlo alla direttrice editoriale; quando ha saputo che si trattava di fantascienza ha detto "Non lo leggo neanche". In quel preciso momento storico l'etichetta di fantascienza, con tutto il suo mondo di sottogeneri, non aveva presa sul lettore e non veniva presa in considerazione. Quando ero a circa metà del romanzo, è uscito un film al cinema che mi bruciava l'idea di base del giallo investigativo. Era "The Island", con Ewan McGregor e Scarlett Johansson, in cui i personaggi venivano allevati in un finto rifugio dalle radiazioni che distruggevano la Terra, e in realtà quando c'era una persona ricca con dei problemi fisici, uno di questi cloni veniva prelevato e i suoi organi usati come pezzi di ricambio. Io ho subito pensato "Perfetto! Mi sono praticamente bruciato il punto cruciale!". Da lì è partita la necessità di andare oltre l'idea di base ma l'ambientazione era così ben delineata, così ben strutturato l'impianto del romanzo, che, lo so che può far ridere, ma ho solo lasciato che i personaggi interagissero liberamente tra loro, fino a prendere autonomamente direzioni che io non avevo nemmeno preso in considerazione. Ma l'ostacolo maggiore è stato il timore, durante i tre anni in cui ho scritto Il Re Nero, maturando esperienze diverse, di un cambio stilistico troppo evidente tra l'inizio e la fine. Si corre quel rischio quando per mancanza di tempo sei costretto a lasciare e riprendere il lavoro, o a scrivere nei tempi e nei posti più impensati. Sarebbe bello farlo a tempo pieno, mollare tutto il resto e dire "Ora scrivo e basta", ma non è fattibile coi tempi che corrono.
Nel corso di questi anni quali riconoscimenti hai ricevuto?
A parte quelli che ho già citato, ho pubblicato su una raccolta che si chiama "365 racconti sulla fine del mondo", e ho contribuito recentemente ad alcune antologie. Ma in realtà l'unico premio è quello ricevuto da Urania nel 2010 come vincitore del concorso. Vincere il premio mi è stato utile per trovare altri contatti, come il sito Nocturno.it per cui scrivo recensioni, e mi ha dato la possibilità di bypassare i normali canali per far arrivare le proprie opere agli editori. La soddisfazione non si può descrivere. In questo caso, e a differenza di quello che spesso si pensa, mi sento di dare un segnale di speranza a chi pensa di dover affrontare un sacco di lavoro e poi nessuno ti pubblica. La fatica la devi fare, devi sforzarti per far giungere il tuo lavoro dovunque sia possibile, ma se ti impegni e ci credi, il merito viene premiato.
Puoi accennarmi qualcosa sul tuo nuovo romanzo?
Non voglio dire niente, sono molto scaramantico, e il contratto con Mondadori mi vincola molto. Posso solo dire che si tratta di un romanzo di fantascienza molto contaminato dal fantasy, ambientato in Italia, ma preferisco non aggiungere altro.
Che consigli ti senti di dare a uno scrittore alle prime armi che vuole misurarsi con una trama di fantascienza?
Un errore comune è quello di voler ammassare nel libro tante belle idee, invece bisogna saper fare una scelta e scrivere solo quello che serve alla storia. Non pensare mai che quello che scrivi è un capolavoro e tu sei un genio incompreso. Farsi le ossa coi racconti; pubblicazioni a pagamento da evitare come la peste. Poi c'è la novità degli e-book che permette a chiunque di auto pubblicarsi in rete a costo zero. Senza dubbio è una bella idea, ma da usare con cautela. Il vantaggio della carta stampata è che passa attraverso un vaglio molto preciso e accurato, mentre la via dell'e-book, in quanto scorciatoia, può rivelarsi un'arma a doppio taglio, anche per chi compra, che non sa cosa sta comprando. Quando si spedisce del materiale a una casa editrice sconsiglio di usare l'etichetta fantascienza, perché può succedere che venga cestinato senza essere letto, e usare invece un sottogenere più specifico che è più digeribile. Urania è il concorso più blasonato e lo consiglio, anche se è difficile vincere.
L'incontro con Maico è stato molto interessante, considerando che non sono esattamente un'appassionata del genere fantascientifico. Nel porgergli tutti i miei migliori auguri per il proseguimento della sua carriera di scrittore, vi raccomando vivamente di tenervi più informati sugli "insospettabili" a cui ha dato i natali la nostra bella provincia, sempre pronta a regalarci sorprese come questa.



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